Indumenti per gli Addetti al Magazzino

Comodità e sicurezza devono essere i parametri che regolano le scelte di chi decide l’abbigliamento degli operatori in magazzino, oltre al rispetto delle normative in vigore.
 
La fonte legislativa principale è il Decreto Legislativo del 9 aprile 2008 numero 81 e successivi aggiornamenti ed integrazioni, di cui abbiamo già avuto occasione di parlare, che è il Testo Unico sulla Sicurezza nei Luoghi di Lavoro.
 
Distinguiamo innanzitutto tra l’abbigliamento normato dal DL cui sopra e l’abbigliamento da esso non regolato detto quindi “abbigliamento personale” o “abbigliamento privato”
 
Il DL 81 / 2008 regola:
-          “Indumenti da Lavoro” che sono quei capi di abbigliamento non specificamente destinati alla tutela della salute e della sicurezza del dipendente ma all’immagine dell’azienda o a facilitare la funzione.
Pensiamo alle divise dei portieri, i camici dei progettisti, l’abbigliamento del personale di cabina di un aeromobile. Il datore di lavoro decide quello più adatto alla mansione e le modalità di utilizzo.
-          “Indumenti di Protezione e Sicurezza” che sono i capi di abbigliamento o altri “dispositivi indossabili” (casco, guanti, occhiali eccetera) destinati alla riduzione del rischio che minaccia potenzialmente la sicurezza e/o la salute degli addetti sul luogo di lavoro. Spesso le caratteristiche di tali indumenti come anche le modalità di utilizzo e di manutenzione sono definite, oltre che dal datore di lavoro, da norme di Legge.
 
L’abbigliamento personale invece è quello che il dipendente è libero di scegliere a suo gusto e piacimento ove non ci siano imposizioni del DL 81 / 2008; le norme aziendali interne potranno comunque limitare queste scelte con regole di Diritto Privato su Decoro, Pulizia, Ordine dell’abbigliamento e pretendere che sia Adeguato all’Ambiente: il c.d. Dress Code.
 
A carico del Lavoratore sussiste l’obbligo di seguire le regole aziendali sull’utilizzo di Indumenti da Lavoro e Indumenti di Protezione e Sicurezza: il mancato rispetto di queste regole comporta un richiamo e può portare a sanzioni a carico del dipendente che possono portare al licenziamento ed a condanne penali ma anche a carico della parte datoriale se non dimostra di aver intrapreso ogni azione volta ad eliminare la violazione.
 
Indumenti da Lavoro e Indumenti di Protezione e Sicurezza vanno forniti a costo e cura del Datore di Lavoro e ceduti al dipendente in comodato. La sostituzione periodica per usura o danno è parimenti a carico della parte datoriale a meno che il danno non sia stato cagionato da dolo / colpa grave, nel qual caso si aprirebbero scenari di responsabilità anche penale a carico del dipendente: la manomissione di attrezzature per la sicurezza – anche se destinate alla propria sicurezza – è sanzionata anche con l’arresto.
 
Numerose sentenze hanno deciso – in maniera non sempre coerente – a chi compete il lavaggio e la piccola manutenzione degli indumenti.
Gli Indumenti da Lavoro destinati a “identificazione aziendale” come divise degli addetti alla reception di un albergo o gli addetti all’accettazione passeggeri di un aeroporto non possono essere considerati come dispositivi di protezione, quindi il lavaggio sarà a costo e cura del dipendente. Lo stesso vale se si tratta di camici destinati a proteggere gli indumenti privati da macchie o usura. Naturalmente le parti possono concordare diversamente.
Lavaggio e piccola manutenzione di Indumenti con il fine, anche se solo in parte, di Protezione saranno invece sempre a costo e cura del Datore di Lavoro: essi sono strumenti di lavoro e quindi la loro manutenzione e sostituzione fa parte delle attività aziendali. Nel caso in cui vi provvedesse il lavoratore, questi avrà diritto al rimborso.
L’abbigliamento personale invece è acquistato, riparato e manutenuto pulito ed in ordine a costo e cura del lavoratore; restano sempre possibili accordi diversi, ad esempio in caso di lunghe trasferte ove potranno essere rimborsate le spese di lavanderia.
 
In passato abbiamo già scritto del c.d. “Tempo Tuta” ovvero se il tempo di vestizione e svestizione faccia parte dell’orario di lavoro e quindi vada retribuito. La giurisprudenza ritiene che, nel caso in cui le regole aziendali stabiliscano luoghi e modalità di vestizione e svestizione, il dipendente debba diritto alla retribuzione del tempo impiegato anche come straordinario se il caso. Al contrario: se al dipendente è concesso di scegliere come crede luogo e modalità di vestizione e svestizione – ad esempio se può arrivare sul luogo di lavoro con gli indumenti già indossati – il tempo destinato a queste attività rientra nelle c.d. “attività preparatorie” e quindi non andrà retribuito.
 
Gli addetti alla movimentazione merce in un magazzino a temperatura ambiente verranno dotati di Indumenti da Lavoro quali una tuta / camice per proteggere gli abiti personali da macchie e piccole abrasioni oltreché per identificarli come dipendenti.
Gli altri Indumenti di Protezione e Sicurezza saranno decisi dal Responsabile per la Sicurezza in concerto con il Responsabile per lo Stabilimento: tipicamente il dipendente verrà dotato di una dotazione base con scarpe antinfortunistiche, giubbetto ad alta visibilità, caschetto e guanti.
Per i magazzini non climatizzati si prevedrà una maglia tipo “pile” per i mesi freddi; evitare le felpe con cappuccio perché limitano la visibilità laterale come anche le sciarpe che possono impigliarsi: preferibile uno “scalda collo” sempre in pile.
In caso di magazzino refrigerati gli Indumenti di Protezione e Sicurezza consisteranno in una tuta integrale adatta alle temperature con scarpe e guanti adeguati; considerare anche l’adozione di dispositivi di allarme “uomo a terra” per locali particolarmente vasti o dove è possibile che nessuno acceda per lungo tempo. Parimenti in caso di ambienti con alte o altissime temperature (ad esempio forni o altoforni) i dipendent verranno dotati di abbigliamento protettivo. 
L’azienda stabilirà poi Indumenti di Protezione e Sicurezza aggiuntivi se necessari in funzione della tipologia di prodotto o di produzione.
 
 
Cosa succede se il dipendente non rispetta le disposizioni aziendali sugli indumenti e sull’abbigliamento ?
Abbiamo scritto sopra che il dipendente che non rispetta il disposto delle norme del DL 81 / 2008 è soggetto a sanzioni disciplinari che possono sfociare nel licenziamento e in condanne penali.
La gravità dei provvedimenti è giustificata dal maggior interesse ad evitare la situazione di rischio che minaccia potenzialmente la sicurezza e/o la salute degli addetti sul luogo di lavoro.
 
Situazione più incerta per l’Abbigliamento Privato: da una parte à legittimo che l’azienda pretenda un abbigliamento Decoroso, Pulito, in Ordine, Adeguato all’Ambiente ecc. dall’altra non potrà invadere la sfera privata delle persone imponendo comportamenti che possano ledere la libertà, la dignità o il decoro dei dipendenti.
 
È fuori dubbio che il datore di lavoro possa vietare abbigliamenti offensivi (pensiamo a indumenti con scritte politiche o discriminatorie) o non consoni per il rispetto dell’utenza (per esempio un impiegato con rapporti diretti con il pubblico che si presenta in ufficio con la maglia macchiata o a brandelli) ma le regole non possono essere troppo generiche o non giustificate da esigenze reali o lesive della dignità del dipendente: la gonna corta – ad esempio – può essere prevista dalle regole aziendali ma mettendo come alternativa un più comodo pantalone. Il divieto di tacchi oltre una certa misura è accettabile in relazione alla protezione dei dipendenti che si trovano a percorrere aree con pavimentazione irregolare.
 
Raccomandazioni finali: stabilire norme precise, non lesive della dignità dei lavoratori e giustificate da esigenze concrete di immagine o di sicurezza; meglio se queste regole vengono inserite nel Codice Disciplinare Aziendale e se considerano l’evoluzione dei costumi. Evitare tassativamente ogni provvedimento o norma che possa apparire discriminatorio o molestia.
 
C.B. marzo 2025
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