La possibilità di vedere bene l’ambiente in cui ci si muove è di primaria importanza non solo per il benessere dell’operatore ma anche per la sicurezza propria e degli altri.
La norma di riferimento è la UNI EN 12464-1 “Illuminazione dei luoghi di lavoro”: da una parte l’esigenza di un ambiente sicuro e confortevole, dall’altra criteri di economia e la necessità di evitare sprechi energetici.
La norma sopra citata prevede dei criteri minimi di illuminazione a seconda delle attività svolte nell’ambiente e del tipo di permanenza in esso: ad esempio in un ospedale l’illuminazione minima richiesta per la sala operatoria sarà maggiore rispetto alle sale mensa. I locali adibiti a Pronto Soccorso dovranno essere illuminati 24/7 con dispositivi di continuità mentre gli studi medici saranno illuminati solo durante gli orari di visita.
Le caratteristiche prese in considerazione dalla UNI EN 12464-1 sono:
- Illuminamento medio cioè la capacità di una fonte luminosa di rischiarare un determinato ambiente: si misura in lux (simbolo lx) ed indica l’intensità di flusso luminoso su una superficie definita. Il progettista dovrà curare che i valori di illuminazione siano adeguati per quella specifica attività, aumentando il flusso luminoso se insufficiente e curando la colorazione chiara delle superfici. La regola generale è che per aree occupate continuativamente l'illuminamento deve essere mantenuto almeno a 200 lux.
- Abbagliamento: è un fattore che definisca la minore capacità percettiva dell’occhio umano a causa di forti differenze di luminosità nel campo visivo. Abbiamo difficoltà a distinguere gli oggetti in ombra se c’è una fonte luminosa che disturba. L’unità di misura è l’Unified Glare Rating – fattore abbagliamento unificato con simbolo UGR – che varia da 10 UGR (disagio minimo) a 30 UGR (disagio massimo). Chi progetta l’impianto dovrà evitare l’abbagliamento oltre ai limiti della norma con accorgimenti come ad esempio evitare che la fonte di luce entri nel campo visivo dell’operatore.
- Apparenza del colore: definisce la temperatura della luce misurata in Kelvin (simbolo: K). La luce è definita “calda” con valori sotto i 3.000 K; “neutra” con valori tra 3.000 K e 5.300 K e “bianchissima” oltre i 5.300 K. Il progettista seguirà il capitolato del cliente nella scelta della fonte luminosa.
- Resa del colore: definisce la capacità del flusso luminoso di rendere percepibile i colori restituendoli all’occhio umano senza alterazioni. L’Indice di Resa Cromatica va da 0 (R minima) a 100 (R massima) tipica della luce naturale del sole diretta. Chi progetta ambienti di lavoro in cui la percezione cromatica sia essenziale adotterà ogni accorgimento per avere un indice R prossimo a 100; in ogni caso i colori rei segnali di sicurezza devono essere riconoscibili.
Nota bene: la UNI EN 12464-1 considera l’illuminazione nell’ambiente di lavoro, quindi va a misurare l’intensità di luce che colpisce una determinata superficie: ad esempio se una postazione di assemblaggio ha un illuminamento medio di almeno 500 lx come richiesto dalla norma. Questo valore dipende dall’intensità della fonte luminosa, dalla sua distanza dalla superficie, dall’ampiezza della superficie da illuminare eccetera. Il valore di lux può essere progettato con software appositi e andrebbe verificato una volta che l’ambiente è stato allestito.
Altra cosa è la misura dei lumen: essa misura l’intensità assoluta di flusso luminoso emessa dalla singola fonte (lampadina ad incandescenza, tubo neon ecc.). La misura in lumen della fonte luminosa invece è costante e verrà utilizzata dal progettista per definire il valore in lux dell’ambiente in cui la fonte viene inserita.
Secondo la UNI EN 12464-1 nelle aree adibite a magazzino e spedizione l’illuminazione dovrà avere queste caratteristiche a livello pavimento:
- Aree di stoccaggio con corsie scaffalate quando il personale non è presente: 20 lx / -- UGR / 40 R Queste sono condizioni minime per la sicurezza degli ambienti, ma indufficienti per operare.
- Aree di magazzino con operatori presenti continuativamente: 200 lx / 25 UGR / 60 R
Fonti luminose:
Fino a pochi anni per ambienti piccoli e medi fa la scelta era obbligata tra lampade ad incandescenza e tubi fluorescenti (i c.d. neon, dal gas in essi contenuti): le prime hanno una luce più calda e sono ideali per accensioni / spegnimenti frequenti; le seconde hanno una luce più fredda, durano molto di più e offrono consumi inferiori al prezzo di un investimenti iniziali maggiori; non andrebbero asservite a sensori di movimento che comandano accensioni e spegnimenti frequenti perché solleciterebbero il circuito ionizzante di accensione.
L’introduzione della tecnologia LED (Light Emitting Diode = diodo emettitore di luce) ha rivoluzionato il mondo dell’illuminazione prendendo il meglio dei due mondi:
- Rapporto lumen / consumo simile al neon
- Investimento inferiore al tubo fluorescente a parità di lumen
- Disponibilità di colore variabile tra caldo e bianchissimo
- Durata paragonabile o superiore al tubo fluorescente
- Tempi di accensione rapidissimi; adatti ad accensioni / spegnimenti / regolatori di intensità
- Flessibilità di utilizzo: sono disponibili in un’infinità di forme, anche in strisce flessibili con spessore minimo.
In alcune applicazioni industriali con componenti in movimento possiamo notare il c.d. effetto stroboscopico: potrebbe succedere che il macchinario abbia parti che si muovono ad un ritmo vicino a 50 cicli al secondo (ad esempio le pale di un ventilatore, i denti di un ingranaggio o i denti di una lama). La corrente elettrica in Europa è a 50 Hertz, che provoca oscillazioni impercettibili dell’intensità della luce. Se le frequenze sono abbastanza vicine l’occhio umano viene ingannato e percepisce il movimento dell’oggetto con una velocità diversa rispetto a quella reale.
La soluzione è adottare fonti luminose dedicate all’eliminazione dell’effetto stroboscopico escludendo questo pericolo.
Per grandi aree – ad esempio i parcheggi o le strade – si usano le lampade a vapori metallici: costose e delicate, hanno dei tempi di accensione molto lunghi (fino a 10 minuti per i pieno flusso luminoso) e, dopo lo spegnimento, necessitano di un periodo di raffreddamento altrettanto lungo prima di poter ripartire con la nuova ionizzazione.
Molti modelli hanno una resa del colore bassa: ad esempio le lampade a vapori di sodio utilizzate in autostrada hanno un valore di R inferiore a 25 con la conseguenza che i colori sono praticamente indistinguibili e gli oggetti vengono percepiti in varie sfumature di grigio, ma hanno un rapporto lumen / consumo elettrico molto vantaggioso ed aiutano in caso di nebbia.
Il metallo viene vaporizzato durante le fasi di accensione e deve restare in questo stato durante tutto il funzionamento per questo le lampade non sopportano i movimenti bruschi né le vibrazioni, rendendo questa tecnologia inutilizzabile su mezzi in movimento o su supporti instabili.
C.B. febbraio 2025